Home | Le Pro Loco | Pro Loco Bordano-Interneppo | PRO LOCO BORDANO - INTERNEPPO

PRO LOCO BORDANO - INTERNEPPO

Dimensione di carattere: Decrease font Enlarge font

Lo chiamavano un tempo “Cuel Taront”1, per la sua forma a tronco di cono dagli spigoli smussati, con quella bonaria mole che lo fa apparire come un gigante appisolato con i piedi nelle acque gelide del Tagliamento. Il San Simeone è tra le prime montagne a salutare l’arrivo di chi si lascia alle spalle la pianura friulana per raggiungere la Carnia: inconfondibile nell’aspetto, si erge isolato da altri rilievi proprio sopra gli abitati di Bordano e Interneppo.

Ambiente: pianeggiante – montano

Superficie: 15 kmq

Quota max: 1505 metri s.l.m.

Quota min.: 214 metri s.l.m.

 

 

 

Chi vi giunge da Sud - quando a primavera l’unico lembo di pianura formato dalle ghiaie di un Tagliamento imprevedibile è un tripudio di ciliegi in fiore – non può non essere rapito da quell’immmagine evocata dal poeta carnico Enrico Fruch: Sot une cueste dal San Simeon/mitût in scrufuiut Bordan al tas2.

Si diceva un tempo Bordan tal plan, Tarnep tal cret3: così, se Bordano evoca la tranquillità di un paesino serrato tra prati e boschi, Interneppo – accanto all’antico fortilizio di Cjasteons – ammira dall’alto quello splendido Lago di Cavazzo che, come scrisse Ippolito Nievo, fra un seno di monti aguzzi posa tranquillo ed azzurro.

La storia di questi luoghi è narrata dai torrenti montani e dal loro incessante fluire ammassando sassi e grave, e nei solchi che i carri lasciavano sulle piste sterrate e scoscese, martoriate dal cret4 che ovunque si palesava come denti aguzzi sotto due dita di terra. Così, nonostante si sappia dell’esistenza in questi luoghi di punti strategici d’origine pre-romana e di strade di epoca romana, per la prima attestazione scritta di Bordanium si deve aspettare sino all’anno Mille. Copiosa è invece la documentazione sulla chiesetta del San Simeone, citata già dal XIII secolo ed in diverse occasioni ricostruita (l’ultima volta dopo il sisma del 1976): è questa - a tutt’oggi - una delle chiesette alpine friulane situate a quote più elevate. Guardando ancora ad epoche remote, si sa che il territorio di Bordano ed Interneppo dipese per lungo tempo ecclesiasticamente dalla Pieve di Cavazzo ma dal 1506 fu ceduto alla Magnifica Comunità di Venzone. Condivise quindi in seguito le sorti della zona gemonese, dall’amministrazione veneta a quella francese, a quell’austriaca e quindi a quella italiana.

In tempi più recenti, durante la prima guerra mondiale, ebbero una forte eco le vicende del Monte Festa, sovrastante l’abitato d’Interneppo: presso il fortino, teatro di battaglia nella strenua difesa del territorio, furono ospitati numerosi soldati italiani fuggiti dalla prigionia nemica, con il fondamentale appoggio ed aiuto della popolazione locale.

Oltre al triste copione di miseria, distruzione, morte e deportazione, condiviso con molte altre località del Friuli e dell’Italia intera durante la seconda guerra mondiale, nel luglio 1944 Bordano patì una quasi completa distruzione dovuta ad una rappresaglia nazifascista, nonché lo sfollamento degli abitanti per far posto alle popolazioni cosacche che invasero queste zone.

Poco più di 30 anni dopo il Comune, già duramente provato dalla piaga dell’emigrazione, fu di nuovo distrutto dai terremoti del maggio e del settembre 1976. Completamente ricostruiti, Bordano ed Interneppo, come molti paesini della montagna friulana, hanno dovuto fare presto i conti con l’abbandono del territorio in favore dello spostamento verso le città o i luoghi a maggior offerta lavorativa e con la costante diminuzione delle già esigue attività artigianali e commerciali in zona. Ciò ha comportato l’impegno assoluto ed immediato degli amministratori che si sono succeduti nel dopo-terremoto a frenare l’emorragia di forza lavorativa e vitale, concentrandosi sulle opportunità e le peculiarità di questi luoghi, in una scommessa la cui posta in gioco era la sopravvivenza ed il miglioramento dello standard qualitativo di questi paesi, o la rassegnazione a divenire dei borghi dormitorio, periferici rispetto alle cittadine limitrofe. È così che è nata, con grande impegno collettivo e con un notevole sforzo anche culturale e di adattamento alle nuove realtà, l’avventura delle “Farfalle bordanesi”, ovvero il Progetto Pavees. Memore del grande interesse suscitato già da fine Ottocento tra studiosi e scienziati europei che si interessavano alle grandi risorse ambientali di questi luoghi ed alle innumerevoli ricchezze in fatto di flora e fauna locale, questo piccolo comune ha deciso di divenire imprenditore di se stesso: oggi, Bordano ed Interneppo sono visitati ogni primavera ed estate da migliaia di persone che sciamano tra le loro viuzze col naso in sù, con lo sguardo rivolto ai muri delle case e agli oltre duecento murales sulle farfalle che vi sono dipinti, o lungo i sentieri di montagna, alla ricerca di qualche esemplare tra le centinaia di specie diverse di lepidotteri che vi abitano.

Infine, dalla primavera del 2003, a Bordano vi è la “Casa delle Farfalle” più grande d’Europa: un’immensa serra in cui volano libere centinaia di farfalle provenienti da Africa, Asia ed America Latina, in un ecosistema perfettamente ricostruito, ove si danno appuntamento studiosi, appassionati e semplici turisti, in un percorso inverso rispetto a quello tracciato da generazioni di Bordaneis e Tarnebans che da questi paesi raggiungevano terre sconosciute in Europa ed in tutto il mondo. 

Oggi il cerchio si chiude, con un ideale ritorno a casa delle speranze e dei sogni di due paesini che rivendicano uno sviluppo sostenibile ed in sintonia con l’ambiente in cui sono incastonati, come gioielli cui la polvere del tempo e dell’oblio, per molti anni depositata su di essi, non ha tolto lo splendore ed il valore intrinseco. Agli albori del terzo millennio, Bordano ed Interneppo coniugano tradizione e modernità, conservando – pur nel necessario comfort dato dai più moderni servizi – precise caratteristiche storiche e culturali, perfettamente sintetizzate nella strenua difesa e nel costante tentativo di recupero di antichi valori, e nel persistere dell’uso vivo e corrente della lingua friulana.